Antonio Venini, cenni biografici

Antonio Venini nacque a Milano nel 1858 e morì a Milano nel 1941.
Figlio del nobile Giovanni e di Carolina dei conti Esengrini, nel 1901 si sposò con Marianna dei conti Padulli di Vighignolo, la cui madre era la nobile Camilla dei principi Borromeo Arese. Grazie a quella parentela divenne proprietario di una dimora situata a Baveno, sulla sponda occidentale del lago Maggiore, che era stata utilizzata come studio e residenza riservata dal principe Giberto Borromeo Arese, padre della anzidetta Camilla, notevole pittore dilettante nella seconda metà del XIX° secolo e presidente per un certo periodo della Accademia di Brera. L’altra figlia di quest’ultimo, Elisa, sposata a uno zio Borromeo Arese, fu pure una discreta e appassionata pittrice dilettante, specializzata particolarmente in ritrattistica animale. L’ambiente lacustre di Baveno e dei dintorni fu, infatti, in determinati periodi, uno dei soggetti ispiratori della sua vena pittorica paesaggistica.
La provenienza originaria famigliare era tuttavia quella di un altro lago, quello di Como; il nome Venini è tuttora assai diffuso sulle sponde del Lario. La località originaria effettiva è il paese di Varenna, situato sulla riva occidentale, nell’area centrale del lago, dove tuttora esiste l’antica dimora della famiglia, di origine seicentesca; Varenna fu per Antonio Venini sede ispiratrice di una quanto mai numerosa produzione pittorica che trasse spunto dalla bellezza dell’ambiente locale, urbano e naturale, in particolare dalla presenza del caratteristico porticciolo, ritratto innumerevoli volte da molteplici punti di vista.
La formazione artistica di Antonio Venini avvenne in età giovanile sotto la guida dell’amico pittore Francesco Didioni, ottimo insegnante di parecchi giovani allievi. Frequentò in tal modo il mondo accademico del tempo. Studiò così in maniera adeguata la figura e il paesaggio: ma nonostante che nel 1890 avesse esposto alla Permanente un dipinto di notevole impegno, Riva di Varenna, per scelta personale la sua attività non approdò mai alla pratica professionistica; seguì invece con grande adesione la vocazione del pittore dilettante, la cui prolificità realizzatrice fu effettivamente straordinaria, esercitata ovunque e quando possibile con intensa continuità e indubbia soddisfazione, dotato com’era di una pennellata facile, notevolmente libera, con grande disposizione per il colore.
Il repertorio pittorico rimasto è, in effetti, assai cospicuo: dal momento che egli usava dipingere soprattutto su tavole di legno compensato, e assai meno frequentemente su tela, non sono rare le tavole rimaste che sono dipinte su entrambe le facce. Nella fattispecie, magari, poichè una faccia non era stata completata durante la giornata, nel giorno appresso, con uno spunto creativo diverso, veniva utilizzata la faccia retrostante.
La passione inestinguibile che lo animava lo portava spesso ad astrarsi dal mondo circostante: i nipoti che si divertivano a seguire l’andare del pennello sulla tavola posata sul cavalletto, con l’altra mano impegnata a gestire la tavolozza, ricordano esempi caratteristici di un impegno così coinvolgente. Come la volta in cui, in tarda età, partito insieme agli altri familiari per una gita in montagna, e rimasto isolato sul fondovalle per il desiderio di dipingere, allorché un improvviso scriscio di pioggia costrinse il gruppo a raggiungerlo in fretta dove si era sistemato per portarlo al riparo, era stato trovato a continuare l’attività pittorica, incurante delle mutate condizioni atmosferiche.
Dipinse soprattutto i paesaggi delle zone dove si recava a villeggiare, come nelle ville di proprietà di Varenna e di Baveno, di cui s’è detto poc’anzi, ma anche in quella di Vittuone, dove amministrava una proprietà terriera; e così pure in località di soggiorno estivo, in montagna a Cogne o a Macugnaga, al mare in Versilia o nel Tigullio. Il naturalismo e il paesaggismo del tempo furono indubbiamente la sua principale ispirazione: ha lasciato, tuttavia, bellissimi esempi di pittura di natura morta, come i fiori, e di ritratti, soprattutto familiari.
Di carattere sereno, gioviale, aperto, curò in maniera intensa gli affetti familiari e le molteplici amicizie, pronto a partecipare a iniziative culturali e benefiche. Di vivace spirito patriottico, una fotografia lo ritrae in divisa durante la prima guerra mondiale: essendo ormai in età troppo avanzata per partecipare a eventi bellici sul fronte militare, si prestò probabilmente a quei servizi di retrovia nell’esercito che erano assai diffusi in quel periodo di difficile congiuntura nazionale.
Al compimento dei suoi ottant’anni gli amici e gli estimatori organizzarono una mostra antologica delle sue opere nei saloni della Società del Giardino a Milano che ebbe un notevole successo di pubblico e di critica.

Pier Fausto Bagatti Valsecchi